Il Caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio è il titolo della serie uscita due settimane fa su Netflix che tratta il caso di cronaca nera di Yara Gambirasio, trovata senza vita nel febbraio del 2011. Massimo Bossetti, condannato con la massima pena dell’ergastolo, ha preso parte al documentario mentre era nel carcere. Fabrizio Corona si è scagliato contro l’assassino per i suoi atteggiamenti da star e anche perché a suo dire sarebbe stato pagato, e bene, dal colosso americano di streaming.
Massimo Bossetti pagato da Netflix per Il Caso Yara: parla Fabrizio Corona
“Se vedete lui fa l’attore, convinto di essere una star, protagonista della sua serie e si comporta da artista e personaggio. L’avete visto com’è vestito? Pantalone chiaro, gel, pinzetto, camicia, scarpa bella e pulita, il carcere sembra bello, lui che fa le facce, abbronzatissimo, le strette sugli occhi. Ma non è un attore è un accusato di una cosa gravissima!”, così Fabrizio Corona si è espresso nel podcast MondoCash.

Inoltre l’ex re dei paparazzi ha parlato anche della cifra che Massimo Bossetti avrebbe ricevuto da Netflix, ovvero 50mila euro: “Poco? – Ha continuato l’ex re dei paparazzi – Ma lui era un muratore che faceva due lavori. Se guardate la serie, se conoscete la storia, mentiva alla moglie quando andava nel centro estetico, perché non voleva dire alla moglie che buttava 6 euro a settimana per farsi la lampada. 50mila euro per una persona così è una grossa cifra”.
Corona sulla serie di Yara Gambirasio: “Netflix ha strumentalizzato il dolore”
Inoltre Fabrizio Corona ha parlato anche dei genitori della vittima: “I due genitori invece hanno deciso di non essere mai mediatici e non hanno mai rilasciato mezza intervista, mai sono andati davanti alle telecamere, sono sempre stati stretti nel loro dolore. Netflix cosa fa? Prende gli audio, le intercettazioni, i messaggi privati che i genitori lasciavano nella segreteria telefonica della figlia dopo la scomparsa e li fanno ascoltare a tutti. La madre che piange – ha continuato Corona – e gli dice amore mio dove sei, spero che stai bene in questo momento, tutti i messaggi privati. Hanno messo davanti a milioni di persone le loro immagini, il loro dolore, il loro dramma. Per me è veramente uno sciacallaggio e una strumentalizzazione del dolore vergognoso”.