Oggi, mercoledì 29 gennaio 2025, in prima serata su Rai 1 va in onda La farfalla impazzita. Il film racconta la storia vera di Giulia Spizzichino, ebrea romana segnata dallo sterminio nazista della sua famiglia, che fu fondamentale per l’estradizione dall’Argentina e l’arresto di Erich Priebke, esecutore materiale della strage delle Fosse Ardeatine, dove la donna perse 26 dei suoi familiari. A interpretare Giulia, nel film tratto dal libro di Spizzichino e Roberto Riccardi, è Elena Sofia Ricci, che grazie al suo talento, empatia e umanità, rende giustizia alla storia e alla sua protagonista, proprio nella settimana in cui cade il 27 gennaio, data dedicata alla Giornata della Memoria.
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La farfalla impazzita: la vera storia di Giulia Spizzichino
La farfalla impazzita: così i familiari e gli amici più intimi chiamavano Giulia Spizzichino, ebrea romana, segnata
dalle deportazioni e dalla strage delle Fosse Ardeatine, in cui vennero uccisi ben ventisei dei suoi familiari. In tutta la sua vita, che si è conclusa il 13 dicembre del 2016 a 90 anni, Giulia è stata proprio come quella farfalla che sbatte incessantemente le ali, senza riuscire a trovare pace e un luogo dove posarsi. All’epoca della retata al Ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, Giulia che aveva solo 17 anni, fu testimone degli arresti del nonno, degli zii e dei cugini. A quel tragico giorno, ne seguirono altri terribili, segnati delle persecuzioni e delle fughe con la sua famiglia, fino alla prima metà del ’44.
Quando finalmente la guerra finì, fu impossibile per lei dimenticare e vivere una giovinezza spensierata fatta di balli, amiche, primi amori. Mezzo secolo più tardi, i fantasmi di un passato mai dimenticato, torneranno a chiederle giustizia. E’ il 1994: Giulia Spizzichino, vede scorrere la foto della mamma, morta da poco, in un filmato in onda nel corso del programma Rai ‘Combat Film’. La madre, in quelle immagini di repertorio, stava riconoscendo le salme dei suoi parenti uccisi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine del marzo ‘44 attraverso i pezzetti di stoffa dei loro vestiti, tanto erano aggrovigliati e irriconoscibili i corpi di tutte le vittime.

Giulia pochi giorni dopo si convince con difficoltà a presentarsi nello stesso studio televisivo, riaprendo una voragine del suo passato e ricordare tutto. Piange e dice che non può esserci perdono, ma che deve esserci giustizia. La contatta allora l’avvocato Restelli, rappresentante della Comunità ebraica romana: le autorità italiane stanno chiedendo l’estradizione dall’Argentina di Erich Priebke, il criminale nazista che aveva eseguito l’ordine di fucilazione alle Fosse Ardeatine. Restelli, nonostante l’iniziale reticenza di Giulia, la convince a partire con lui per Bariloche, la cittadina andina dove Priebke si è ricostruito una vita, nell’intento di mobilitare l’opinione pubblica in favore dell’estradizione.
A Bariloche Giulia trova il coraggio di reagire, grazie a Elena, una delle Madri di Plaza de Mayo, e si fa portavoce dell’istanza di giustizia, in un discorso pubblico a Buenos Aires che smuove gli animi: “Perché le vittime sono tutte uguali, come lo sono i carnefici”. È il maggio 1994: la missione riesce, ma è solo la prima tappa di un’altra lunga storia, quella del processo a Priebke che si svolgerà poi a Roma. Nonostante il dolore, Giulia troverà la forza di testimoniare e lo farà per una necessità: alimentare la Memoria, perché non si ripeta mai più l’orrore della Shoah, che le aveva portato via in un colpo solo, tre generazioni di uomini e donne della sua famiglia.