Verrebbe voglia di ascoltarla per ore per quante cose ha da raccontare e per come lo fa: ricordi di vita, di lavoro, di amicizia, di passione e gioia, oltre a tante lucide e profonde riflessioni sulla nostra società. È così che è stata la mia chiacchierata con Daniela Poggi, attrice (ma non solo) di grande talento e umanità. Questo maggio 2023 è per lei un mese pieno di novità: innanzitutto quattro nuove pellicole (Dark Matter, C’hai 5, Ritorno al presente, L’anima in pace) dove potremo seguirla, oltre all’audiolibro del suo romanzo Ricordami!, che racconta la sua esperienza di figlia accanto alla madre malata di Alzheimer, “Una storia che mi appartiene in toto, in cui la mia stessa voce accompagna il lettore a vivere quello che ho vissuto io, con le stesse emozioni che avevo quando ero vicino alla mamma”.
Partiamo da Dark Matter, thriller internazionale di Stefano Odoardi: “Un lavoro molto interessante. Qui sono Monica, una donna enigmatica”, spiega Daniela Poggi. Poi c’è C’hai 5, il cortometraggio di Daniele Falleri, (con Maria Grazia Cucinotta, Gabriel Garko e Pino Ammendola), che racconta la storia di una bambina affetta da una malattia renale: “Un progetto sociale a cui ho partecipato perché sono convinta che oggi come oggi non ci possa essere solo la dialisi. I malati hanno diritto a una qualità di vita maggiore. Qui – spiega l’attrice – sono un medico e dirò io la frase ‘C’hai 5’, 5 di creatinina, ossia che da questo momento vai in dialisi nell’attesa che arrivi un rene per te”. In Ritorno al presente diretto da Max Nardari, invece, Daniela Poggi è Palmira, un’attrice famosa negli Anni ’80 che, dopo un incidente, entra in coma e si risveglia nell’era dei social network: “Un lavoro che mi ha super gratificata (Premio per la miglior attrice protagonista al Reel Comedy Fest di Chicago, ndr). Palmira si ritrova in un mondo totalmente diverso, un po’ una parodia, un desiderio di tornare con i piedi per terra ed essere più veri…essere e non solo apparire”. A questo proposito, che rapporto ha lei con il mondo dei social?
Buono e generoso. All’inizio mi ossessionava: il fatto di dover promuovere me stessa non faceva parte del mio quotidiano. Figlia di un’altra generazione, dove erano gli uffici stampa che si occupavano di questo. Ora questo continuo apparire, dover esserci, dover dire ‘ehi guardate che ci sono anch’io anche se non posto, sto lavorando, costruendo, imparando’. Però, se restasse all’interno di questi giochi andrebbe benissimo, il problema è quando chi deve scegliere qualcuno per interpretare un ruolo, che sia in teatro, in Tv o al cinema, va a vedere quanti follower hai, e questa cosa è triste. Spesso e volentieri si aprono le porte agli influencer piuttosto che all’attore, attrice, perché i primi si portano dietro migliaia di follower, appunto, e si guarda molto al gradimento che hai dal pubblico, che è assolutamente fuorviante, non è né realistico, né meritevole. Quindi io, che sono sempre stata un po’ orso, diciamo che mi sono dovuta adeguare.
Un filo di amarezza nella voce di Daniela Poggi, che nella sua vita si è sempre impegnata tanto, spendendosi innumerevoli volte in nome della cultura e dell’amore per il prossimo. Attrice si, ma anche ambasciatrice UNICEF, oltre a una parentesi di tre anni come assessore alle politiche culturali e giovanili, pari opportunità e diritti degli animali del comune di Fiumicino, e co-fondatrice de la Bottega Poggi, impresa sociale no profit iscritta al terzo settore, che nasce con lo scopo di diffondere conoscenza. Ce ne parla?
È una società che ho costituito con il mio socio, Walter Sandri, e compirà due anni questo dicembre. Lo scopo è quello di promuovere e diffondere cultura, perché nei tanti spazi vuoti della mia vita artistica ritengo indispensabile, soprattutto in questo periodo storico, poter lanciare dei semi di conoscenza, di sapere, di condivisione, di cultura, ai giovani. Per me è un grande impegno, e non è facile: ci affidiamo a bandi, collaboratori, fondazioni. È un andare a bussare alle porte, e spesso queste sono chiuse, perché la cultura non interessa.
E sulla cultura, su chi la fa e su chi la possiede, si apre un’altra importante riflessione: “Più sei colto, inteso come più conoscenza hai, più hai la possibilità di decidere e di scegliere, di essere autonomo rispetto a un sistema. Riscontro però che c’è un clima in cui si vuole che la società umana sia assoggettata a un sistema deciso da altri, coloro che stanno in alto e hanno il potere. La cultura, invece, è libertà e dignità, e io sono uno spirito libero. Quando ho fatto le mie mission in Africa ho cercato di portare questo- aggiunge Poggi -, là dove i poteri forti decidono che tu femmina non devi studiare, che tu maschio devi imbracciare un fucile e uccidere. E allora che dobbiamo fare noi? Pensare a loro”. E quindi mi viene da chiederle: Cosa è l’inclusione?
Aprire le braccia, guardare l’altro negli occhi, cercare di conoscerlo, approfondire la sua storia e vedere in quell’esistenza la mia esistenza, farne parte con lui e lui con me. È nella condivisione assoluta, in cui ognuno di noi ha e mette in campo una preziosità unica e rara, che si cresce, e nell’inclusione si ha la possibilità di allargare la propria visione e arricchire il contesto in cui si vive.
E cosa manca, quindi, alla nostra società per essere davvero inclusiva?
Una politica, innanzitutto. Lo Stato non ha voluto portare avanti una politica di inclusione e integrazione, abbassando anche il potenziale della scuola, depauperandone la ricchezza in quanto luogo dove iniziare a parlare dell’altro, non come diverso, ma come te e uguale a te, perché in quella diversità c’è la sua preziosità e la tua ricchezza.
Passando a tutt’altra tematica torno alla carriera: nel 1977 (ne cito una su tutte) ha partecipato al Festival di Sanremo come ballerina durante l’esibizione dei Matia Bazar. Le manca il ballo?
Ho sempre ballato. In tutta la mia adolescenza ho ballato come una pazza. Ora, spesso e volentieri, ballo da sola a casa, lo ammetto. Accendo la musica a palla e vado: musica, ballo e movimento fisico mi appartengono, divento quasi un’impossessata.
Quale dei suoi ruoli porta nel cuore? E quale, invece, le piacerebbe interpretare?
Mi piacerebbe interpretare Rita Levi-Montalcini, Tina Anselmi, tutte donne che hanno determinato un presente e un futuro e sono rimaste nella nostra memoria. Purtroppo non sono ancora arrivate offerte di questo genere. Nel mio cuore, invece, porto tutte le cose che ho fatto ma, se fossi costretta a scegliere, direi L’Esodo di Ciro Formisano, in cui ero Francesca, una donna piena di dignità, una lavoratrice che si ritrova a chiedere l’elemosina.
Impossibile non chiederle un ricordo su Walter Chiari.
Meraviglioso. L’ho amato come uomo, ma non come tutti pensano, io avevo 21 anni e lui 51. Una persona di una generosità smisurata, eclettico, vulnerabile, un vulcano di conoscenza e di desiderio di partecipare alla vita, di dare agli altri e al suo pubblico. Era una gioia frequentarlo, io lo chiamavo il ‘Treccani dello spettacolo’.
Daniela Poggi si considera una persona felice?
Sì. Perché ho fede, so che lui mi accompagna (Dio, ndr), non sono sola. Sono felice perché amo, fortemente amo. Sono una specie di fontana zampillante e perché non sentirmi felice di questo. Sono una privilegiata, sono libera, possono decidere cosa fare e non fare.
Un sogno nel cassetto?
Un Musical
Quale?
Mamma mia. Vorrei essere Meryl Streep.